Il tuo precariato.

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18 risposte a Il tuo precariato.

  1. Marina scrive:

    Nessun uomo dovrebbe mai vivere una situazione precaria che non gli permette di vivere delle certezze dignitose.

  2. Anonimo scrive:

    Il precariato è una situazione drammatica, se non si interverrà al più presto, per le generazioni future, non ci sarà nemmeno questo ma solo disoccupazione.

  3. Maria scrive:

    Il precariato è una grave piaga. Un’ingiustizia sociale. Una forma di insicurezza che perseguita chi subisce questa forma di sfruttamento, ma anche i familiari.

  4. Anna Rita scrive:

    Al centro di tutto c’è la persona, la sua dignità e il lavoro.
    Era il 2001, quando i miei sogni si sono infranti. E’ successo dopo 17 anni di lavoro, anni alimentati da una forte passione per quello che facevo, da un costante impegno e innumerevoli sacrifici, grazie a cui ero riuscita a costruirmi una bella carriera, con tante responsabilità ma anche tante soddisfazioni.
    L’azienda per cui lavoravo chiude e io entro nel mondo della disoccupazione.

  5. Pingback: UN MOMENTO IMPORTANTE DI CONFRONTO E DI ASCOLTO. | Associazione Articolo 3 – Pescara

  6. Maria Teresa scrive:

    Sono sinceramente molto stanca e sfiduciata.
    Lavoro tanto con uno stipendio non adeguato.
    Sono una mamma separata e sono senza alcuna prospettiva futura.
    Al fenomeno del precariato in Abruzzo e in Italia vorrei dire BASTA!!!

  7. Paola scrive:

    Quella del precariato è una situazione più ricca di svantaggi che di vantaggi.
    Non ti senti mai tranquilla e non puoi pensare ad un futuro sereno.
    Bisognerebbe pensare ai più giovani: ci sono tante persone laureate con lauree inutili!

  8. Francesca scrive:

    Non è stato facile per mio marito ritrovarsi disoccupato: faceva il giro delle agenzie interinali per trovare qualcos’altro. Portava il curriculum, faceva i colloqui e aspettava. Ogni volta che squillava il telefono si alzava di scatto, o correva e quando sembrava che potesse accadere qualcosa sorrideva, tornava quasi normale, allegro. Abbiamo vissuto così per diversi mesi.
    “Non ti preoccupare, tanto qualcosa esce”. Non dovevamo rinunciare a molto, anche perché in pizzeria o al cinema eravamo abituati a non andare, i ragazzi nemmeno lo chiedevano.
    La crisi ti insegna come tirare la cinghia.

  9. Beniamino scrive:

    Nel mio caso, essendo consulente, non ho avvertito il problema del precariato.
    Nel caso dei giovani, valutando che è divenuta una modalità obbligata di accesso al lavoro, ritengo che il lavoro precario sia un furto, una rapina della vita e delle potenzialità dei giovani.
    Il precariato riduce ed appiattisce le competenze e la professionalità di un individuo. E’ la più grave forma di distruzione della ricchezza di un paese: le risorse umane giovanili!
    E’ l’esito di una politica miope, autoreferenziale.
    La nostra classe dirigente non ha nessuna “visione”, è solo dedicata alla manutenzione del proprio potere.

  10. Stefania scrive:

    Il precariato ti priva da stimoli più creativi per il lavoro e la vita…
    E’ un vero schifo!

  11. Stefania scrive:

    Quella del precariato è una condizione che non fa stare tranquille le famiglie che vorrebbero dare a se e/o ai propri figli una situazione di serenità. E’ uno svantaggio, sicuramente, anche per i giovani che non vedono un futuro nel campo lavorativo e di conseguenza non vedono la possibilità di creare una famiglia.
    Sentendo parlare i giovani ho capito che pensano di mandare le domande di lavoro o iscriversi a liste d’attesa o collocamento al nord, dove c’è ancora qualche possibilità. In Abruzzo la situazione è molto difficile.
    Mia nipote, ad esempio, ha cambiato diversi lavori come commessa a tempo determinato. Ha 28 anni, ha una laurea in lettere con specializzazione lettere antiche e un’altra in archeologia. Andrà senz’altro a fare domanda per l’insegnamento al nord, pensa a Bolzano.

  12. Bruno Barteloni scrive:

    Ancora una settimana e raggiungo quota 42… Dopo oltre 20 anni di attivitá precaria nel mondo dell’informazione e dell’intrattenimento come giornalista-presentatore tv mi ritrovo a sbarcare il lunario facendo l’operatore call center a € 6,00 netti ad ora. Le emittenti locali ed i giornali preferiscono affidare servizi ed incarichi a stagisti senza pretese, a scapito della professionalitá e dell’ esperienza. Per sopravvivere in questo ambiente esiste un solo sistema: vendere uno spazio pubblicitario come se fosse una notizia. Mi chiedo: ma la ”marketta” non é roba da escort ???? Meglio povero, ma onesto. Soprattutto con me stesso….

  13. Massimo scrive:

    Non ho nessuna idea sul fenomeno del precariato soltanto la conferma, qualora ce ne fosse bisogno, che viviamo in una nazione di collusi, raccomandati, di cui i precari e le persone oneste sono vittime ed eroi ogni giorno.
    I MIGLIORI SONO PRECARI!

  14. Noemi scrive:

    Sono sei mesi che lavoro presso una cooperativa di Pescara che opera nel settore della riabilitazione psichiatrica. Mi è stato offerto fin da subito un contratto a progetto della durata di un anno, che però viene rinviato di mese in mese con scuse diverse. Nel frattempo, da sei mesi, lavoro in nero e continuo i miei studi universitari per avere delle competenze in più. Mi pagano 6 euro l’ora, senza assicurazione né contributi, pur svolgendo un lavoro di grande responsabilità e correndo il rischio di infezioni e danni fisici.
    La cosa che mi fa più rabbia è che sia la legge a consentire ai nostri datori di lavoro di rifilarci dei contratti che non ci consentono di vivere tranquillamente, senza malattia o ferie pagate e con la continua paura di essere licenziati.

  15. Nino scrive:

    Sono precario dal 2001. Mi sono sposato l’anno scorso, anche con la prospettiva reale di essere assunto a tempo indeterminato e invece mi hanno licenziato! E adesso mi ritrovo a vivere con l’ansia addosso di non poter nemmeno più avere uno stipendio. Questa non è flessibilità: questo è approfittarsi della disperazione delle persone..

  16. Luciano scrive:

    Tutte queste storie, questi racconti di precariato meritano rispetto ed ascolto…
    Il vero problema a mio avviso è a monte di queste storie… purtroppo le ns. aziende sono in crisi causa aperture mercati esteri provenienti dall cina & Co. Inutile girarci in torno signori: produrre in Italia (lo dico da imprenditore) ha dei costi nettamente molto superiori rispetto a paesi dove le normative di ogni genere nemmeno esistono!!! Come possiamo fare concorrenza a questi signori con occhi a mandorla?
    Se la quantità di lavoro scende, nn c’è forma di contratto che tenga, i dipendenti (con tristezza dei datori di lavoro) nn possono che tornare a casa, non c’è altra soluzione. Ok gli ammortizzatori sociali, ma sono solo temporanei, sono dei contentini… In verità bisogna adottare politiche (ad esempio dazi sulle importazioni) finalizzate a far tornare la grossa produzione nel ns. amato paese… Se si riuscisse in questo, tutti avremmo + stabilità e serenità… Sono un piccolo imprenditore ma credetemi, non sono per niente sereno, nè x me, nè x i miei dipendenti… Sembrerà strano ai + che leggeranno queste mie righe, ma anche la ns. categoria ormai è “precaria” con l’aggravante di rischiare oltre al posto di lavoro anche capitali: il gioco ormai non vale + la candela…

  17. Maria Rita scrive:

    Precariato,una presenza costante( purtroppo) nella mia vita.Partita con idee grandiose e tanta energia,titoli e risultati didattici interessanti,gratificanti,tanto lavoro insieme allo studio,e poi….puff! tutto svanito.Ricomincio da capo,riparto con energia su un fronte diverso,e da allora ( fine anni ’90…) la “costante” è diventata:”…tu sei brava,saresti perfetta per questo e quello,ma…”. Ma…? “…..il lavoro dovrà farlo Pinka Sempronia Amicadicicciopasticcio”.E allora perchè lo sta dicendo a me? ” …perchè lei non è capace,tu dovrai insegnarle come si fa”.Non occorrono altri commenti,credo.

  18. MASSIMILIANO TRAVAGLINI scrive:

    Spett.le Associazione Articolo 3, gent.ma D.ssa Allegrino,
    mi permetto pubblicare una mia lettera aperta del 2007 allorquando nella medesima, precorrendo forse i tempi, evidenziavo aspetti drammatici che tutt’oggi si vanno sempre più manifestando in merito alle condizioni “disumane” di lavoro precario e di non rispetto della tutela della salute dei precari. Grazie per l’opportunità concessami e complimenti per il Vs instancabile operato, Max Travaglini.

    “IL RISPETTO DELLA DIGNITA’ UMANA E LA TUTELA
    DELLA SALUTE DEI LAVORATORI-METALMECCANICI”
    (a cura di Massimiliano Travaglini)

    Cari “amici”, cari colleghi metalmeccanici (e non metalmezzadri!), dal mio modesto ed umile punto di vista mi permetto di scrivere questo/a articolo/comunicazione su aspetti che da molto tempo, per analogie e similitudini all’interno degli stabilimenti produttivi metalmeccanici abruzzesi, mi hanno sempre interessato e coinvolto.
    Penso che i due termini (sostantivi) dignita’ e salute, presenti nel titolo e dei quali parlero’ piu’ dettagliatamente in seguito, sono parte integrante della vita quotidiana di ognuno di noi, personale e professionale-lavorativa (presunta tale!).
    Cio’ per il semplice motivo che ognuno di noi, volenti o nolenti, consapevoli od inconsapevoli, per vissuto diretto od indiretto, con questi due termini si e’ sempre dovuto confrontare, soprattutto se su “una catena di montaggio, in un forno di verniciatura, in un reparto di saldatura” e piu’ in generale nel proprio ambiente di lavoro.
    La dignita’ dell’uomo come uno degli elementi, o meglio, uno dei valori insiti e propri di ogni essere umano. Perche’ ogni uomo e’, o dovrebbe essere, diverso dall’altro?
    Certamente per l’altezza, il peso, il colore degli occhi e dei capelli, gli aspetti fisionomici piu’ in generale, il grado di cultura, il ruolo professionale (e che professioni!), l’appartenenza familiare, le esperienze vissute, il conto corrente bancario (ed affini!) e qualsivoglia altro elemento di carattere oggettivo, cioe’ quantificabile (cm, kg, …lire/euro… etc).
    Ma io penso che oltre a quanto evidenziato poc’anzi, la vera diversita’ degli uomini sia anche e, soprattutto, rappresentata da questa stupenda quanto straordinaria parola che viene definita dignita’: “il rispetto che l’uomo, consapevole del proprio valore sul piano morale, deve sentire nei confronti di se stesso e tradurre in un comportamento e in un contegno adeguati” (da: il dizionario della lingua italiana Devoto-Oli edizione 2003). E cercando di tradurre con delle simpatiche frasi dialettali comuni e conosciute ad ognuno di noi abruzzesi: “..é ‘na persona sèrie, ‘na persone che dice sèmpre la veretè pure quend’é scomede, ‘na persone che na mèje’ arrubbate, ‘na persone che n’n pèrde la facce” …tutto cio’ semplicemente per evidenziare che la dignita’ di ognuno di noi e’ rappresentata dalla propria “coerenza”, dai propri sacrifici, dal rispetto che si ha per l’interlocutore di turno a prescindere dal ruolo professionale, permettetemelo dire, ….dalla propria “integrita’ morale”. Tutto cio’ a prescindere dagli elementi oggettivi prima evidenziati, tutti atteggiamenti e comportamenti questi non certamente casuali ed occasionali, che se presenti e vissuti in ognuno di noi, ne fanno automaticamente scaturire il rispetto della dignita’ umana altrui.

    La salute dell’uomo ed in particolare del lavoratore, sia essa fisica che psichica, intesa come bene supremo ed irrinunciabile.
    Provate a riflettere e pensare attentamente che cos’e’ un uomo senza la propria salute? Quanti di voi, dopo anni ed anni di attivita’ lavorativa all’interno di uno stabilimento produttivo, soprattutto se su “una catena di montaggio, in un forno di verniciatura, in un reparto di saldatura” e piu’ in generale nel proprio ambiente di lavoro, oggigiorno hanno problemi di salute? Per quale motivo al mondo, guadagnarsi il proprio salario deve anche, purtroppo, dover significare compromettere, a volte irrimediabilmente, la propria salute?
    A differenza della dignita’, la salute e’ unica e comune a tutti i lavoratori, nella fattispecie metalmeccanici.
    Salute: “condizione di benessere fisico e psichico dovuta a uno stato di perfetta funzionalità dell’organismo” (da: il dizionario della lingua italiana Devoto-Oli edizione 2003).
    E cercando di tradurre con delle simpatiche frasi dialettali comuni e conosciute ad ognuno di noi abruzzesi: “..pienze a la salute ca é la prima cose, quènde ce stè la salute ce stè tutte cose, la morte de lu lópe é la salute de la pecure ..etc”. Cio’ ad evidenziare che ognuno di noi e’, o dovrebbe essere, padrone e custode della propria salute, anche e soprattutto al cospetto di chi, pur immedesimato legittimamente nel proprio ruolo prof.le, non ha alcun diritto di compromettere la salute altrui, con le piu’ svariate ed impensabili forme ed atteggiamenti (non me ne vogliano i distinti, competenti quanto professionali sigg. capiturno, caporeparti e dirigenti compresi del n/s contesto metalmeccanico abruzzese!).
    Oltretutto la tutela della dignita’ e della salute dell’uomo, sono sanciti costituzionalmente. Nella fattispecie in base agli artt. 2, 4, 32 (la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo…la legge non puo’ in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana) e art. 41 (l’iniziativa economica privata e’ libera. Non puo’ svolgersi in contrasto in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla liberta’ alla dignita’ umana) della costituzione italiana. L’art. 2087 cod. Civile, il quale dispone: “l’imprenditore e’ tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa tutte le misure che, secondo la particolarita’ del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrita’ fisica e la personalita’ morale dei prestatori di lavoro” e gli artt. 1175 e 1375 cod. Civile, “il datore di lavoro e’ garante della sicurezza sul luogo di lavoro. Tale concetto comprende non solo la sicurezza fisica dei lavoratori, ma anche quella psichica, cosicché grava sul datore di lavoro l’obbligo di adottare ogni misura idonea a tutelare l’incolumita’ e l’integrita’ psico-fisica del lavoratore.
    Piu’ in generale i d.l. (decreto legge) 626/94, 242/96, 359/99, 66/00, e lg.422/00 oltre che le direttive CEE 89/391-654-655-656, 90/269-270-394-679, 93/88, 97/42, 99/38, e per concludere, tutte quelle norme anche di carattere penalistico.
    Tutti aspetti e concetti sopra evidenziati, riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, che, purtroppo, non sempre trovano riscontro ed applicazione all’interno delle aziende/imprese del nostro caro ed amato Abruzzo, che detiene, numeri alla mano, uno dei piu’ tristi quanto desolanti primati riguardanti gli infortuni e morti sul lavoro dell’intera Italia. Non certamente da meno, come una delle sicure future concause primarie (mi auguro di sbagliarmi!), le piu’ recenti, svariate e variegate forme di occupazioni precarie (e non flessibili!) con il piu’ totale ed assoluto annullamento delle coscienze umane, prim’ancora che degli aspetti fisici. Noi tutti, “onesti abruzzesi”, distanti e distinti da meri quanto squallidi puri interessi economici, abbiamo l’obbligo morale e civile di comportamenti coerenti quotidiani, nel rispetto di quei sacrosanti principi di sana ed incorruttibile convivenza civile e democratica.
    Casoli (CH), 27 aprile 2007 Massimiliano Travaglini

    http://win.casoli.info/casoli/notizie/cerca.asp?cosa=Le+nuove+mafie+dei+colletti+bianchi

    http://www.youtube.com/watch?v=f7_7W9npz6I

    http://www.youtube.com/watch?v=6zU0TkN2cFQ

    http://www.youtube.com/watch?v=YnA5ebJhab0

    http://www.youtube.com/watch?v=KyJqYP6rIJ4

    http://www.youtube.com/watch?v=k-cXOTct5Oc

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